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domenica 30 agosto 2009

Alla mia culla, gretta e sporca.


Visto che qui, si è capito che me la canto e me la suono da solo, scrivo una cosa che me la leggo e me la commento da solo, un solitario letterario dunque. Oggi, che leggevo un libro, che poi lo faccio ogni giorno, mi sono imbattuto in una descrizione che mi sembri calzi a pennello con la descrizione che io ho sempre avuto in testa della mia città, solo che le parole giuste, io, non le ho avute mai. Ecco(mi):

" Agli abitanti della cittadina piaceva quando qualcuno della loro stirpe risultava essere un ladro, un truffatore o un traditore. Inoltre piacevano loro la ricotta e le lunghe conversazioni per telefono." (Teffi).

Io me ne andai da Catania, ma la ricotta e tutto il resto, alla gente del luogo, piace sempre di più.

sabato 29 agosto 2009

Shutendouji (Shutendōji). Chi era costui?

Il blog si sdoppia! Il mio caro collega e.b mi ha invitato a partecipare a quorbaki, suo fedelissimo nippo-blog, così adesso sono un suo coinquilino con lo pseudonimo di Shutendouji. Alcuni post, saranno publicati solo lì: alla pagina: www.quorbaki.org/shutendouji, altri solo dentro Ornitorinco, altri ancora (e vai!), in entrambi.

Shutendouji (Shutendōji). Chi era costui? Samurai tra i più temuti nel giappone antico e arrivato, disastrosamente, anche nella cultura italiana come Demon, uno dei Samurai del cartone che spopolava all'inizio degli anni '90. E oggi? Beh, oggi, i samurai hanno poco da combattere con spade e "zukì", ma la lotta di questi storici guerrieri orientali continua sono sotto i nostri occhi tutti i giorni nelle metropoli (a Milano), nei paesi e in tutti i luoghi dove un grande spirito possa condurre la sua personale battaglia. Shutendouji, oggi, con umiltà - combatte con il pensiero - di cui ha fatto un'arma potentissima, in grado, forse, di risvegliare anche le anime più sopite e narcotizzate dalle odierne stregonerie della società. Vedremo. Un Samurai con la passione per i linguaggi formali che aiuta, crede valorosamente, un samurai con la passione per le lingue inventate. Oss!

giovedì 27 agosto 2009

Cimiteri, una strana concezione. "Who want to live forever?"


"La gente, in Italia, nei cimiteri, ha quasi sempre un comportamento religioso, come se fosse a contatto con l'aldilà, e questo è normale, ma con un aldilà religioso e non con l'inferno, nè con il paradiso, con una specie di purgatorio, un posto dove si parla sottovoce, non si sorride, non si piange, non ci si lamenta, si aspetta, pazienti, qualcosa, e cosa si aspetti, non si capisce." (Paolo Nori-"Pancetta").

Questa descrizione, nella sua breve ma intensa analisi, riflette sul comportamento che la gente, gli Italiani, hanno nei cimiteri. Perchè la visione della morte si riduce ad una totale riduzione cadaverica? Perchè si portano dei fiori a della polvere piena di vermi? Perchè l'assenza delle persone care non va trasformata in una profonda riflessione, che può portare, talvolta, a capire che in fondo, i morti sono nell'aria, nel fuoco, nel mare e nella terra?
Sapete quanto costa un loculo?
Intorno ai 3000 euro!
Come si possono spendere dei soldi per ficcarsi in un buco di matoni, quando la terra potrebbe offrirti nei suoi più svariati luoghi naturali una dimora eterna?
Tutto questo teatro della morte, ha causato la "finefobia" di cui siamo malati gli occidentali, soprattutto quelli che godono di un certo benessere. La morte, è una tappa funzionale allo svolgimento delle cosa, ogni ente nasce, si sviluppa e muore, l'alternarsi dello yin e dello yang è una cosa eterna, necessaria. L'immortalità sarebbe la dannazione più grande per l'uomo.
Come apprezzare, l'amore, l'amicizia, la vita stessa, se tutto ciò fosse per sempre?

mercoledì 26 agosto 2009

La campana del tempio tace, ma il suono continua ad uscire dai fiori.

La storia di cui vogliamo parlare, e su cui è bene riflettere, è la storia della società occidentale, la storia della nostra Italia, una storia fatta di ignoranza e presunzione. Un giorno scrivo questo articolo, lo mando a republica, al corriere, alla stampa. Mi arriva una mail da uno di questi giornali che per correttezza non dirò che mi dice, che il mio scritto presenta spunti interesanti, ma che in quanto in conflitto con le tendenze odierne non ha alcun senso publicarlo. Questo, era il mio articolo, tralaltro onestamente parecchio brutto:

IL VALORE CONTEMPORANEO DELLA FILOSOFIA:

Il valore contemporaneo della filosofia è spesso messo in discussione; i giovani di oggi, giunti al momento della scelta riguardante i loro studi universitari, sono soliti ridurre la “rosa di possibilità” a quelle che comunemente vengono ritenute le discipline pratiche e utili, ovvero Giurisprudenza, Medicina, Economia, Ingegneria o Architettura;

Come biasimarli ci si chiederà, infondo oggi la società richiede questo, e studiare solo per l’amore che ci lega ad un settore della conoscenza non porta né guadagno economico, né rispettabilità sociale – diciamolo - essere chiamati “Avvocato” o “Ingegnere” dà sempre quel ‘non so ché’ in più.

Cosa si è ottenuto in questo modo?

La risposta è molto semplice: l’ignoranza. Comprimere l’infinità versatilità che può avere un ragazzo di vent’anni all’interno della politica dell’utile, coincide col distruggere tutte le sue speranze, massacrando i suoi talenti e le sue capacità. Questo discorso certo, apparirà ai molti come privo di senso, quale dovrebbe essere la soluzione a tutto ciò? Fare studiare ai propri figli ciò che vogliono rischiando che rimangano disoccupati? SI

Studiare Filosofia (o matematica, fisica, chimica e biologia) “apre il cervello”, libera dalle sovrastrutture, permette al ragazzo di assaporare il piacere della scoperta, e soprattutto, non è vero che rende disoccupati, o almeno è altrettanto “non vero” quanto per altre facoltà; per quanto siano utili Avvocati, Giudici, Medici ecc.. lo sono fino a quando il numero professionale della categoria che rappresentano non diventa esageratamente superiore rispetto a quella che è la possibilità e la necessità che uno stato ha di impiegarli nel loro settore; oggi si assiste ad un “sovraccarico” di alcune professioni, mentre siamo totalmente sprovvisti di ricercatori di Fisica e Chimica, la classe docente è di bassissima qualità, anziana, e non aggiornata alle moderne tecnologie. Se uno stato come l’Italia, storicamente patria di menti straordinarie non “raddrizza il tiro” ci troveremo sommersi dalla mediocrità, le statistiche dei lettori saranno sempre più basse, diminuiranno le tessere nelle biblioteche, le partecipazioni alle conferenze saranno irrisorie ed in modo direttamente proporzionale a questi cali assisteremo all’aumento dei tesserati da stadio, degli acquirenti dei digitali terrestri, dei videogiochi e di tutto ciò che mette in “pausa” il nostro cervello.

La Filosofia oggi, con il suo continuo interrogarsi sul senso delle cose, con il suo naturale sbocco nella Logica e nell’Epistemologia, consente ai giovani di assaporare la libertà intellettuale, la possibilità di costruire autonomamente la propria strada e di affrontare le sfide che la vita gli proporrà con estrema razionalità e serenità. Come diceva Epicuro “l’uomo non smetta mai di fare filosofia” e cosi sarà “come un ‘Dio’ tra gli uomini”.

Leonardo Caffo


Vi sembra in contrasto con qualcosa? Probabilmente, era talmente brutto che è stata una scusa. Forse No.

Alla fine me lo sono publicato da solo, qui. Probabilmente me lo leggerò pure da solo. Spero No.

Il vero problema, e che oggi nulla è più pronto a modificarsi, ne nostro paese è tutto uguale dal 1994, se avessi preso una vacanza di 10 anni e fossi tornato, non avrei notato certo la differenza. Ah, già. Ora c'è l'I-Phone. Tutti sono pronti a parlare, tutti parlano di tutti. Certo, voi direte, parli anche tu. Ma, io il mio parlare, per chi vuole intendere, assomiglia molto di più ad un ascoltare.

Lao-Tzu diceva: "Chi sà tace, Chi non sà parla".

Questo spiega l'eloquenza della nostra classe politica. Possiamo, noi, gente pensante salvarci da ciò?

Ovviamente si. Lettura, meditazione, silenzio e pensiero sono la via del SaToRi.

La nostra responsabilità per la natura.


L'ambiente, mai stata questione più dibattuta. In un epoca in cui le scorie radioattive si abbandonano in mare, e le cicche di sigaretta si accatastano per le spiagge del mondo, è del filosofo John Passmore che voglio parlare.
Passmore, professore di filosofia alla Australian National University, autore di un libro meraviglioso uscito in Italia per feltrinelli nel 1986, due anni prima che io nascessi, e da allora non fù più ristampato. Salvatore Veca, suggerì a feltrinelli la publicazione di questo libro, ed è sua la recensione da cui traggo spunto per la mia liberamente. L'ambiente, è oggi non una parte della natura, ma la natura stessa. Pone questioni fondamentali, per noi, e per le generazioni future. Il discorso ecologico genera una famiglia di dilemmi tecnologici, scientifici ed economici. La filosofia, se usata nel giusto modo, può essere una corretta guida risolutoria. La natura non è una cosa verso cui l'uomo deve essere responsabile, noi, dobbiamo essere responsabili perchè siamo la natura stessa, e ogni maltrattamento di essa equivale ad un lento suicidio. Passmore, seppur con considerazioni che divergono dal mio personale modo di vedere la quesione, affronta le questioni ambientali in una prosprettiva storica, analitica e critica. Nessuna voglia di arenarsi in posizioni di denuncia, anzi, una posizione costruttiva che "lancia" idee future per la salvaguardia del pianeta. La responsabilità causale per la natura, genera una responsabilità morale da cui non i può assolutamente prescindere. La specie umana, deve sviluppare e introiettare una filosofia ecologica, magari guardando al rapporto uomo natura dell'oriente antico. Il nostro modo di porci nei confronti di flora e fauna deve mutare alla radice, l'uomo non è ciò che dall'alto della sua razionalità dispone delle cose naturali. L'uomo è una di queste cose, e pertanto come tale si deve comportare. Il pianeta vive, e noi lo stiamo uccidendoinesorabilmente, con esso morirà anche la speranza per il futuro della nostra specie. Il benessere del presente non ci deve distrarre: "La felicità non è vivere, ma vivere bene" (Seneca).

Da un taccuino nero, per te.

"Lo so che un giorno leggerai questo quaderno amore mio.
Sappi che non ho mai amato nulla nella mia esistenza come ho amato te.
Dei miei sbagli, mi pento.
Senza te, tra vita e morte, nessuna differenza."

Lettere unite a caso dall'ornitorinco per il mondo che ascolta, che può ascoltare.

Incatenato in responsabilità apparenti, sfuggo al giudizio indossando le maschere, mantenendo buoni rapporti con tutti. Rispetto le cose e la natura, perchè inanzitutto e rispettare me stesso ciò che faccio. Provo, con occidentale difficoltà, ad intraprendere la strada del Tao, il cammino dello Zen, provo continuando a muovermi come una formica che sa che verrà presto schiacciata, perchè questo è il giusto compimentodelle cose. Vedo loro vittime di false aspirazioni, pochi godono dell'aria che respirano, pochi respirano. La mia mente si apre, e tutto ha un posto nel mio cuore. Dire che la filosofia nasce in Grecia, è come dire che A = A. Se definiamo la filosofia come nata da Talete, questà è nata in Grecia. Gli intellettuali si mordono la coda. Lao-Tzu? Buddha? La logica orientale? Maya? Aztechi? Egiziani?
Tutto il nostro modo di intendere le cose andrebbe riformato, questò è il problema occidentale.
La contraddizzione, che tanto sconcerta il modo di pensare ordinario (occidentale), deriva dal fatto che dobbiamo usare il linguaggio per comunicare la nostra esperienza interiore, la quale per sua stessa natura trascende la possibilità della lingua. Nel momento stesso in cui parli di una cosa, essa ti sfugge.

La "Pancetta" di Nori

"Pancetta", di Paolo Nori, 8 euro in Feltrinelli, è un buon libro. Nori è bravo, si riscopre la passione per la letteratura e ci si riappacifica con la mente per un po', dalla filosofia.
"terroristica ebbrezza": Cosa fa di un uomo un poeta? E che cos'è un poeta?
Sono queste le domande che trasversalmente occupano la testa del Nori nel suo "Pancetta", nella Pietrobergo del 1912, tutto muta, tutto cambia. Avnguardia! Questà è la parola d'ordine, i protagonisti, tra sbornie e incontri all'osteria ci riportano ad un'atmosfera che fa tanto "Delitto e Castigo", ma che con più leggerezza ci narra gli incontri di spirito. Pazzia e spettro dell'oblio attassano Majakovskij, narratore discreto della città della neve inserita in una delle stagioni mi maggior cultura della Russia.
Perchè "Pancetta"? Perchè un salume?
Buona Lettura

martedì 25 agosto 2009

Ornitorinco è filosofia

L'ornitorinco, non è cambiare le cose. L'ornitorinco è osservare le cose, discuterne, crescere e criticare. perchè in fondo chiedere cos'è la filosofia, e come chiedere lo zen delle cose, come voler decifrare in un attimo il mistero dell'universo solo perchè si è scoperto che i continenti derivano.
Anche io derivo, non so da cosa, e spesso più dei continenti. La migliore risposta, sta nel percorso interno ad ognuno di noi, il maestro ti può solo indicare la strada. E forse neanche quello, forse te la devi scegliere tu, questa strada.
Sperando nella collaborazione di e.b, e che qualcuno oltre me legga questo blog prima che lo demolisca, illuminerò i vostri momenti vuoti, perchè il vuoto è forma , e la forma è il vuoto.
Come la fisica delle alte energie si è accorta che bastava riflettere al modo fei taoisti, noi cercheremo a nostro modo di volare più basso, sperando di non cadere troppo presto.