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mercoledì 11 agosto 2010

Semantica della "libera informazione"

Apparso su AgoraVox del 11 Agosto 2010. Originale qui

La semantica è la "scienza del significato". Utlizzare il termine scienza farà arrabbiare Piergiorgio Odifreddi che nell’ultimi numero di L’Ateo si scaglia contro coloro che questa scienza la deturpano prendendo di mira letterati e filosofi. Ne voglia o meno il matematico, la semantica è una scienza complessa ed articolata con una storia ramificata (almeno) tra strutturalismo, innatismo, cognitivismo e comportamentismo. Si può avere una semantica di lingue naturali o artificiali, di espressioni non verbali e di altri sistemi comunicativi semplici o meno. Quella che propongo qui è una semantica, in senso volgare, del sistema in cui siamo inseriti come fruitori di notizie, "la libera informazione".
Nonostante delle credenziali decenti, l’articolo che leggete lo scrivo per una testata giornalistica "minore", definita partecipativa. Il Sole24 ore o il Corriere della Sera, difficilmente prenderebbero in considerazione qualcosa del genere per la pubblicazione.
Il giornalismo lo fanno i giornalisti, così come al macello stanno i macellatori. Rimane il dubbio, ormai consolidato che questo sistema di categorizzazione abbia definitivamente fallito e che, menti pensanti, le informazioni se le cerchino in modi alternativi a telegiornali e testate ufficiali.
Le statistiche di lettura di AgoraVox sono impressionanti, davvero. La pluralità di punti di vista sembra oggi essere molto più ricercata di questa o quella firma autorevole (e che cosa renda autorevoli, ce lo chiediamo unn po’ tutti).
Il "significato" delle informazioni gode di una strana natura. La stessa identica notizia, riportata da varie testate vanta una trasformazione che se non fosse per un nucleo semantico invariato, stenteremmo a riconoscere come identica. Il problema della traduzione in una stessa lingua non è meno complesso che quello tra lingue diverse e, nello specifico, la "parafrasi" sembra essere uno sport molto praticato dai giornalisti italiani. "Condannato" viene sostituito con "imputato", "Mafioso" con "Sospettato", "Puttaniere" con "Premier ironico" e tutto si disfa in una rete di denotazioni che perdono la natura stessa delle proprie referenze.
Interroghiamoci un attimo sul senso profondo di comprare giornali come Libero o il Giornale costantemente riproducono fatti trasformandoli in opinioni non suffragate da prove empiriche. Recentemente si è scoperta l’illegalità di Fini che fino a quando è stato dedito allo sport nazione, "leccaculismo" del premier, era un santo mentre adesso è un farabutto. Non solo, se anche fosse vera la storia del cognato, Fini non sarebbe paragnabile neanche lontanamente a Berlusconi per illegalità, eppure le sconsiderate porcherie del nostro presidente rimangono impunite grazie a lodi e compagnie inquietanti.
Quel poco che rimane di "libero" nella informazione è stato massacrato da una legge che rende dubbia persino su questo giornale la pubblicazione di questo innocuo articolo, relegando blog e libertari alla rettifica di scomode ma vere notizie.
Se i semanticisti perdessero il loro tempo analizzando l’informazione italiana probabilmente il dato che ne emergerebbe è che la maggior parte dei votanti è incolta ed ignorante, e che l’informazione dominante lavora fortificando questo dato impressionante.
Lancio da qui, una proposta che mai verrà raccolta. Un test, breve e a risposta multipla da fare per poter votare. Argomento: conoscenza della politica italiana ed internazionale. Come si fa a votare senza conoscere l’oggetto verso cui tende la propria azione?
Se i governanti di turno sono tanto convinti del valore delle loro gesta, perché non provano a conoscere cosa la gente istruita pensa di loro? Ripeto, un piccolo test, non di cultura generale, ma di politica verso chi un voto, a questa politica, lo sta dando.
Platone, pover’uomo, lo sapeva già lui che il bene, a chi non sa cos’è bisogna darlo senza dargli la possibilità d’interrogarsi su cosa sia questo stesso bene.
Se si è convinti del proprio diritto di voto e della propria preparazione politica che paura c’è?
Andiamo a fare questo test tutti insieme, e vediamo come cambierebbe l’inquietante scenario politico dell’Italia ...

mercoledì 9 dicembre 2009

Strana gente alla statale di Milano. (articolo pubblicato da agoravox)

Strana gente alla statale di Milano

"Non abbiamo forse organi, membra, sensi, affetti, passioni? Se ci pungete non sanguiniamo? Non moriamo se ci avvelenate?".
Strana gente alla statale di Milano
Ogni giovedì pomeriggio, alle ore 17, presso l’Università Statale di Milano, si riunisce strana gente. L’aula seminari del Dipartimento di Filosofia si riempie di loschi individui, li chiamano: gli animalisti! Che cosa fanno questi insoliti personaggi nel tempio della filosofia milanese? Ma, soprattutto, cosa c’entra la filosofia con gli animali?

Qualcuno ci fornisce indicazioni al riguardo: "Un gruppo di studio per affrontare le questioni dell’animalismo (il nostro rapporto con gli animali non umani, gli usi che ne facciamo, i loro diritti) attraverso considerazioni e argomenti di filosofia morale". Dunque ci si propone di allargare il campo morale anche ai non umani? Sembrerebbe di sì. E cosa comporta questo? Se siete interessati a discuterne insieme a Sandro Zucchi, ordinario di semiotica, presso il Dipartimento di Filosofia della Statale, adesso sapete come e dove andare.

Proprio il prof. Zucchi ci tiene a sottolineare come il seminario non parta o dipenda da lui, ma sia frutto dell’impegno comune dei suoi partecipanti, tra i quali troviamo studenti di filosofia, animalisti, criticoni, curiosi e appartenenti ad associazioni come l’Oipa che da anni si occupa di tutelare la triste condizione degli animali non-umani. Discutere di filosofia coniugando la propria volontà di salvare esseri indifesi è uno degli obbiettivi di questo seminario a cui spesso partecipano anche persone note e gli stessi autori dei testi che si leggono.

Ecco le prossime due date:


* Giovedì, 10 Dicembre 2009 alle ore 17
Titolo: David Nibert, una teoria sociologica dell’oppressione
Interviene: Filippo Miserocchi
* Giovedì, 17 Dicembre 2009 alle ore 17
Titolo: L’etica della virtù
Intervengono: Sandro Zucchi, Luca Barlassina, Stefano Delzoppo
(Giovedì 17 Dicembre 2009 verranno decise, sulla base delle proposte, le date per il calendario di inizio 2010)

Partecipare può essere un’ottima occasione per riflettere su argomenti a cui prima nessuno di noi aveva mai badato e magari per rendersi utili nei confronti di coloro che soffrono silenziosamente per permetterci di continuare a vivere così, come infatti viviamo.

Per informazioni e aggiornamenti rimando al blog di Sandro Zucchi . Si spera poi, per chi può, di vedervi in numerosi.

La filosofia è l’esaltazione del pensiero umano ma spesso è utile rimanere con i piedi per terra e cercare di agire praticamente attraverso questo strumento. Argomenti e constatazioni razionali possono, infatti, riuscire a evidenziare dove e se sbagliamo nei confronti degli altri animali e insegnarci a correggere i nostri atteggiamenti scorretti nei loro confronti.

"Se il capitalismo è un grattacielo gli animali vivono negli scantinati".

mercoledì 11 novembre 2009

Il linguaggio rivelatore.(da http://www.agoravox.it/tempo-libero/cultura/Il-linguaggio-rivelatore)

Macello umano! Trattati come bestie! Tenuti come degli animali! Ti schiaccio come
una zanzara! Queste sono solo alcune delle espressioni che appartengono al nostro linguaggio (in questo caso l’italiano) e che denotano un elemento su cui vale la pena riflettere. Sono tutte espressioni con accezione negativa ed hanno tutte come soggetti caratteristici gli animali non umani. Se analizziamo parola per parola questi enunciati non capiamo immediatamente perché rimandano semanticamente a qualcosa di negativo. Facciamo un esempio:

(a) Trattati come bestie
Questo enunciato è composto da tre parole: (1) Trattati; (2) come; (3) bestie;
Combinando queste tre parole otteniamo l’enunciato (a), che pur avendo un
significato che potremmo parafrasare dicendo che qualcuno è stato trattato come
bestie, non rimanda comunque a quel significato che comunemente verrebbe
attribuito ad (a) da una comunità di parlanti. Il linguaggio ha in questo caso quella
che potremmo definire una funzione rivelatoria. Affinché (a) possa essere realmente capito da un parlante della lingua italiana quel parlante deve già possedere come insita un’ulteriore conoscenza di cui tuttavia non è sempre realmente consapevole.

Deve cioè conoscere il trattamento delle bestie con cui viene effettuato il paragone.
Si parla spesso della disinformazione comune sulla reale condizione degli animali, eppure, qualcosa su questa condizione sembra essere conosciuto da tutti, ed è proprio il nostro linguaggio, fonte principale di espressione, a rivelarcelo. Enunciati come (a) esemplificano solo una piccola porzione del vocabolario umano che risulta davvero fornito di insulti e costatazioni che hanno come oggetto gli animali. Prendiamo la stessa parola “bestia”, spesso usata senza alcun tipo di contorno linguistico ma già rappresentante un insulto se pronunciata con la giusta intonazione. Perché qualcuno dovrebbe prendere come insulto l’essere definito “bestia”?

Eppure questo accade costantemente come se una sottile forma di razzismo sia insita in ogni parlante, come se la presunta superiorità intellettuale e morale dell’uomo, sia in qualche modo inconscia anche in chi non ha mai riflettuto su questi argomenti. Esiste una tesi in linguistica conosciuta come l’ipotesi Sapir-Whorf secondo cui il linguaggio influenza il pensiero. L’ipotesi forte secondo cui questo sia completamente vero è stata ormai confutata, ma la formulazione debole, secondo cui il meccanismo d’influenza del linguaggio sul pensiero sia in parte vero è comunemente accettata. Ragionando su questo fenomeno sulla scorta di quello che le espressioni anti – animaliste ci rivelano potremmo provare a chiederci: crescere con una lingua colma di artifici linguistici, volti a sottolineare inconsciamente una superiorità dell’uomo nei confronti dell’animale, può in qualche modo contribuire al disinteresse umano nei confronti della questione animale?

Personalmente credo sia possibile. Sin da piccoli, parenti e genitori, sono pronti ad educare il figlio affinché si lavi e non puzzi come un maiale, affinché studi e non diventi un somaro e affinché mangi carne e diventi forte come un bue (che tra l’altro mangia verdura). Penso che una sana riflessione sulle proprie espressioni linguistiche possa giovare a molti parlanti che spesso utilizzano enunciati di cui danno per scontata la valenza semantica ma di cui ignorano la reale e sofferente condizione che questi stessi enunciati denotano. Se il linguaggio è uno specchio attraverso cui guardare l’umanità non è difficile rintracciare i motivi principali che hanno portato allo sfruttamento animale; pulire questo specchio depurando il linguaggio dal suo specismo e razzismo di fondo potrebbe portare in futuro l’uomo a pensare, guardare e agire con più rispetto.

Leonardo Caffo

martedì 3 novembre 2009

Spazio all'ornitornico fuori da "ornitorinco".



http://www.agoravox.it/spip.php?page=article&id_article=10360

http://www.agoravox.it/Cimiteri-una-strana-concezione-Who.html

http://www.agoravox.it/Gli-animali-non-pensano-Dunque-non.html

giovedì 27 agosto 2009

Cimiteri, una strana concezione. "Who want to live forever?"


"La gente, in Italia, nei cimiteri, ha quasi sempre un comportamento religioso, come se fosse a contatto con l'aldilà, e questo è normale, ma con un aldilà religioso e non con l'inferno, nè con il paradiso, con una specie di purgatorio, un posto dove si parla sottovoce, non si sorride, non si piange, non ci si lamenta, si aspetta, pazienti, qualcosa, e cosa si aspetti, non si capisce." (Paolo Nori-"Pancetta").

Questa descrizione, nella sua breve ma intensa analisi, riflette sul comportamento che la gente, gli Italiani, hanno nei cimiteri. Perchè la visione della morte si riduce ad una totale riduzione cadaverica? Perchè si portano dei fiori a della polvere piena di vermi? Perchè l'assenza delle persone care non va trasformata in una profonda riflessione, che può portare, talvolta, a capire che in fondo, i morti sono nell'aria, nel fuoco, nel mare e nella terra?
Sapete quanto costa un loculo?
Intorno ai 3000 euro!
Come si possono spendere dei soldi per ficcarsi in un buco di matoni, quando la terra potrebbe offrirti nei suoi più svariati luoghi naturali una dimora eterna?
Tutto questo teatro della morte, ha causato la "finefobia" di cui siamo malati gli occidentali, soprattutto quelli che godono di un certo benessere. La morte, è una tappa funzionale allo svolgimento delle cosa, ogni ente nasce, si sviluppa e muore, l'alternarsi dello yin e dello yang è una cosa eterna, necessaria. L'immortalità sarebbe la dannazione più grande per l'uomo.
Come apprezzare, l'amore, l'amicizia, la vita stessa, se tutto ciò fosse per sempre?