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domenica 25 ottobre 2009

Charms eterno grazie a Druskin.

Componimenti per adulti:

Prova a mantenere l'indifferenza, quando finiscono i soldi.

Può darsi che sul pianeta marte ci sia qualuno più intelligente di me. Sul pianeta terra, nè dubito fortemente.

A me piacciono solo le giovani donne formose. Per gli altri esseri appartenenti al genere umano nutro diffidenza.

Quando compri un uccello guarda se ci sono o non ci sono i denti. Se ci sono i denti, non è un uccello.

sabato 24 ottobre 2009

Annuncio Incontro: Giovedì 29 0ttobre

Ore 17, *AULA 109*
via Festa del Perdono 7

Interverrà il regista Giuseppe Morandi


Proiezione del film di Giuseppe Morandi e Gianfranco Azzali:


SCHEDA DEL FILM (da Filmitalia). La trasformazione dell’agricoltura nella Bassa padana, dagli anni Cinquanta a oggi. Cambiamento del paesaggio, delle coltivazioni e avvento della monocultura e degli allevamenti intensivi degli animali. L’immigrazione dai paesi del sud del mondo e dai paesi asiatici che sostituiscono i “paisan”(lavoratori della terra) e i “bergamini” (mungitori di vacche). Le nuove catene dell’industria alimentare, dall’allevamento alla macellazione e alla lavorazione dei prodotti alimentari.

venerdì 23 ottobre 2009

Notizie che non lo erano.

“Mi appello alla magistratura romana e al Ministro della Giustizia (ma credo non ce ne sia bisogno) affinché non facciano assolutamente nulla contro il gruppo 'A morte Marco Travaglio'. Il diritto all'idiozia è sacro e va garantito a tutti”. Con queste parole Marco Travaglio commenta il gruppo Facebook che si augura la sua morte. Diversa la reazione della politica che in questi giorni è insorta per le minacce al premier del gruppo “Uccidiamo Berlusconi”.

Anche ieri non sono mancate le polemiche e le prese di posizione. Si è fatto sentire il ministro Rotondi “Le campagne di odio portano alle campagne di morte”, e il ministro Frattini “Il rischio è quello degli anni Settanta, quando la violenza delle parole si è poi tragicamente trasformata nella violenza delle armi”. Neanche il PD è rimasto a guardare:“Égiustochecisiailmassimo livello di attenzione” ha detto Enrico Letta; “Al gruppo ‘Sopprimiamo Franceschini’ sono iscritti in 2500” fanno notare dallo staff del segretario Pd.


Eppure in questi ore si ha notizia di gruppi su Facebook che vogliono uccidere tutto e tutti. Citiamo solo alcuni obiettivi: Bassolino, Capezzone, Gelmini, ma anche Federico Moccia, Giampiero Mughini, il Papa, la cantante Arisa, il pilota Hamilton, il giornalista Enrico Varriale, Anna Tatangelo, Britney Spears, Josè Altafini, il gruppo “emo” i Dari e anche quel vecchio arnese di Topo Gigio.

Insomma, le minacce Facebook appaiono cretinerie belle e buone. Eppure, tutti coloro che fomentano e alimentano questo tipo di campagne stanno facendo un pessimo servizio alla rete. Non a caso, proprio ieri, Gabriella Carlucci, già autrice di una legge che intende vietare “la pubblicazione in maniera anonima in rete di contenuti in qualsiasi forma” (quindi anche banali commenti) ha lanciato un allarme: “coprendosi dietro l'anonimato molti utenti commettono reati gravissimi” ha dichiarato senza aggiungere ulteriori spiegazioni. Non solo. É tornato a farsi sentire anche il senatore Udc D'Alia, già conosciuto per la sua proposta di equiparare ogni pubblicazione su Internet a delle testate giornalistiche. Ieri ha rilanciato la sua proposta: “bisogna mettere mano a un provvedimento organico di disciplina della rete”.

Ma il protagonista della giornata è stato Totò Cuffaro, ex governatore della Regione Sicilia dimessosi dopo la condanna in primo grado per favoreggiamento ad alcuni mafiosi. Cuffaro ha sparato nel mucchio: ha denunciato tutti coloro che avevano commentato un video su YouTube. Il video, uno del più visti in lingua italiana, è uno spezzone del famoso “ponte televisivo” tra Michele Santoro e Maurizio Costanzo nel 1991. In studio era presente contro Giovanni Falcone contro il quale l'allora democristiano Cuffaro si scagliò violentemente: “Avete dimenticato di dire che un giudice corrotto ha costruito un'intera storia su un pentito volgare solo perchè serve al Nord” il suo antico sfogo tra i fischi. Ora Cuffaro dice che in quella puntata “rivolse una critica verso l’operato di un singolo magistrato, persona diversa da Giovanni Falcone”. Non la pensa così il milione di cittadini che ha visto il video su YouTube e il vasto popolo che ha lasciato quattromila commenti.

Al loro fianco scende Antonio Di Pietro: “L'Italia dei Valori – scrive sul suo blog – mette a disposizione dei commentatori denunciati da Cuffaro un pool di avvocati, una sorta di class action”. Ma nonostante prese di posizioni come quelle di Di Pietro, tira una brutta aria sulla libertà in rete. Il web si è popolato molto negli ultimi anni: i più giovani, ma non solo, hanno trovato uno spazio di espressione e di informazione indipendente. Non possono i deliri di alcune decine di cretini minacciare la libertà di tutti. E lo dicono chiaramente molti utenti che stanno ripubblicando ovunque il video di Cuffaro: la rete non si tocca.

da Il Fatto Quotidiano n°26 del 23 ottobre 2009

giovedì 22 ottobre 2009

E tutto continua, nel grande cerchio della vita.

Leggevo e siccome pensavo, ho pensato che tutte due cosa non si potevano fare e dunque ho deciso di scrivere (distruzione del "terzo escluso") C'è gente preoccupata intorno a me, preoccupata per questo paese, per questa città, per la mancanza di cultura, per l'influenza suina (vaccinatevi pure cretini!) ecc... Io mi preoccupo per loro ma non sono di per se preoccupato, non direi proprio. Sto bene, vivrò, crescerò, invecchierò e aimhè, morirò. La chiusura del cerchio è ciò che rende bello il suo intorno. Studiare, amare, scopare, sorridere, nulla di tutto ciò sarebbe tale se fosse infinito. Ci mangieranno i vermi e questo non è un problema è una perfetta conclusione. Qua si continuano a preoccupare, forse, mi dico, li aiuta a vivere, sicuramente, lo so, non li aiuterà a morire. Per alcuni il cerchio rimanrrà sempre un semicerchio, certo, loro non lo sanno, non capiscono, non colgono, non SONO. Intelligenti si sentono tutti, se sentirete dire un giorno a qualcuno con convizione: "Sono un cretino" chiamatemi perchè quello è un genio. Avete mai parlato con qualcuno? "Oh, si certo" direte voi. Avete mai ascoltato qualcuno? No, non avete mai provato, la politica dell'"IO" vi massacra. Pregate, fuggite con miseri mezzi alla vostra bassezza, verrà il giorno, prima dell'ultima alba in cui anche voi vi accorgerete che i piccioni ci cacano in testa perchè hanno il diritto di farlo. Se Cristo tornasse oggi, non avrebbe difficoltà, guardandovi, a chiedere al padre di cancellare il mondo.

martedì 20 ottobre 2009

Storie sulla fortuna, vista da un informatico.

il 18 ottobre, alle 18, 28 minuti e 32 secondi, una mosca della famiglia dei Calliphoridi ricoperta da una guaina bitumata di inquinamento elettrometalfilotessilchimico, plana su via medardo rosso, a Milano. Nello stesso momento, fuori dall'isola della birra, il vento si insinua magicamente sotto una panca di legno sulla quale fino alle 18 siedono vecchi post-spesa.
In quell'istante, al secondo piano di medardoRosso n°13, un giovane esce nudo sul balcone facendo il gesto del cazzetto per aria perchè era riuscito a non farsi più scroccare fastweb. Sempre nello stesso momento, uno goccia di pioggia acida figlia del grigio autunno soleggiato, si stacca dal plotone per raggiungere il negozio di fumetti dell'unico giapponese della via.
Al numero 11 di via Medardo, il marito della portinaia, che per andare a lavorare esce a piedi perchè lavora al bar che fa angolo in piazza fidia, non esce mai in macchina ed è il compagno di Nunzia.
A Nunzia non piace: la guarigione tramite imposizione delle mani del tipo di scientology; sorprendere uno sguardo di disprezzo sulla grafia del cartello "sono sulla scala B"; uscire dalla portineria e sentirsi dire "mia figlia diventerà dottoressa, gli dia del lei".
A Nunzia piace: dirmi "ciao ggggioia" alla mattina; mettere in fila le foglie e buttarle con cura; svuotare il garage delle biciclette, pulirlo bene, e riporre tutto, alla fine.
La signora solarissima del 6° piano, vecchietta originaria di Saronno, è sempre stata una persona zitella ma gioiosa. Ai rasta del secondo piano non piace: guardare un film sul letto soppalcato a 80cm dal pavimento della mia camera da letto quando cadono delle viti; essere - da qualcuno che a loro non va - accusati di errore nella raccolta differenziata; incrociare la signora solarissima in ascensore.
Al commercialista piace: dire "salve" 14 volte per ogni persona che vede sorridendo come carlo conti; far brillare la sua smart con le pattine; svuotare la pattumiera, pulirla bene, e riporre tutto, alla fine .
Io ho 23 anni. Come tutte le mattine esco tardi sento "ciao ggioia!" giro a destra, ma...dimentico sempre qualcosa. Ogni giorno arrivo fino da Shafan che ho scoperto poi essere Safhan, sconvolta da tanta ripetitività nel dimenticare, non riesco a contenere il batticuore, perciò, torno in casa almeno 2 volte ripetendo questi ultimi passi con un indifferenza che è pari solo alla voglia di lavorare dei neuroni di Borghezio.
Siga, studiamo un'ora poi a pranzo?
(Marco Nicolini)

"Thoreau o del vagabondare." Di Filippo Trasatti. (uscita per A.)


"Il suo stato d'animo è quello di uno che abbia in sé dieci prigionieri e un uomo libero, che è il loro guardiano"
(E.Canetti)


Vorrei tentare di annodare alcuni fili intorno a un tema che da tempo mi sta particolarmente a cuore: quello del vagabondare. Si tratta di un'immagine, anzi di una serie di immagini collegate da un sentimento forte: il desiderio di libertà che ci attraversa come un lampo nel corso della nostra vita quotidiana, quando la sentiamo forte dentro di noi come un prigioniero che si agita.

Una concrezione di impressioni che si sviluppa verso l'alto come una stalagmite e sempre più attira lo sguardo, fino a intralciare l'usuale cammino per le stanze della nostra esistenza. E proprio agli ostacoli si deve guardare, un poco come i lapsus nell'analisi di Freud, per scoprire l'inaspettato intorno a noi. Il vagabondo è per me prima di tutto chi individua e cerca di scavalcare gli ostacoli della sua vita quotidiana. Si direbbe che fugga da qualcosa, forse dalla sua gabbia.

Che cosa va cercando Thoreau nelle sue passeggiate per i boschi, oltre i recinti che limitano le proprietà intorno a Concord?

Vuole trovare insieme alla libertà del suo movimento la libertà del pensiero. Cerca una forma nuova di conoscenza. Vuol liberarsi dalle sue consuetudini quotidiane, farsi vagabondo senza terra per sentirsi a casa propria ovunque, pur non avendo casa in nessun luogo. Nell' "arte del camminare" che Thoreau ci propone , troviamo quasi un metodo di rigenerazione continua, una tecnica per sfuggire all'angustia degli steccati conoscitivi. Questo vagabondare rapsodico allontanandosi dalle strade battute e dai pensieri fortificati è l'inizio di una conoscenza e di un modo di vivere diversi. Thoreau andava alla ricerca di una wilderness che ai suoi tempi ancora esisteva per rinnovarsi, per sentirsi libero. E il luogo di incontro con questa natura selvaggia era per lui la foresta. Cercava uno sguardo diverso sulla natura che non fosse né di predazione, né di contemplazione passiva.

"Il mio desiderio di conoscere è discontinuo, ma il desiderio di rigenerare la mente in atmosfere sconosciute, esplorando zone non ancora percorse dalle mie gambe è perenne e costante" (Camminare,52).

Thoreau è un esploratore, ma un esploratore dell'Ottocento che ha filtrato le millenarie esperienze della civiltà occidentale consapevole di ciò che la pratica dell'esplorazione ha significato, della sua carica insieme conoscitiva e distruttiva, delle luci e delle ombre che la civiltà ha gettato sui nuovi spazi conquistati. Ma soprattutto è un esploratore consapevole che ogni vera scoperta, ogni vera esplorazione è anche, e talvolta prima di tutto, un'esplorazione interiore alla ricerca delle terre selvagge, dei territori sconosciuti:

"Siate dei Colombo per interi, nuovi continenti e nuovi mondi dentro di voi, aprendo nuovi canali, non di commercio ma di pensiero". (Walden,397)

E' difficile per noi abituati a pensare al globo attraverso le carte geografiche, anche solo immaginare che potessero esistere non più di un secolo fa ancora vasti territori bianchi sulla carta. Ma oggi che tutti gli spazi sono stati attentamente cartografati, che cosa resta da esplorare? Forse la wilderness si è spostata nel cuore della nostra stessa civiltà senza che ce ne siamo accorti. Come nel Cuore di tenebra di Conrad, chi ha il coraggio estremo di giungere fino ai limiti della nostra civiltà trova quel vuoto, quel cuore selvaggio e misterioso che credevamo di aver domato per sempre conquistando i nuovi territori. E' forse in questo che si può ritracciare il senso più proprio del vagabondare, oggi. L'ultimo vagabondo americano, William Least Heat-Moon, insegnante di origine indiana, attraversa l'America per cercare percorsi nuovi agli stessi abitanti dei luoghi, perché spesso ci sfugge proprio ciò che abbiamo davanti agli occhi e dobbiamo spostarci per vederlo.

Strade blu è il taccuino di un vagabondo colto alla ricerca di un'altra America attraverso le strade blu (le strade secondarie che sulle cartine americane hanno questo colore). Lentamente emerge un'immagine dell'America lontanissima da quella cui i giornali e i film ci hanno abituato; degli Usa conosciamo a grandi linee New York, San Francisco e Los Angeles, con la cultura che da là proviene. Vagabondare mostra i limiti di un'identità culturale territoriale costruita appiccicando decalcomanie dall'alto. Mostra che non ci sono americani, più di quanto non ci siano italiani. Ed è proprio questo movimento di attraversamento dei confini, delle frontiere a sfumare quei contorni troppo netti con i quali siamo soliti rappresentarci la realtà. Consideriamo più spesso i limiti come ostacoli che come punti di relazione: se è chiara a tutti la funzione protettiva, di contenimento del limite, meno praticata nella nostra cultura è l'immagine del limite come punto di passaggio, come relazione tra territori diversi.E' l'incontro con altre culture, ma non a caccia dell'esotico fine a se stesso; piuttosto si tratta di un esercizio di sradicamento dal centro, un tentativo di vedersi con gli occhi dell'altro, un'affacciarsi su altre culture, sapendo di non poter abbandonare la propria, ma cercandone i limiti, le incrinature, le brecce di passaggio. Nelle sue peregrinazioni il vagabondo porta con sé la propria cultura; Thoreau non dimentica neanche per un istante di essere un occidentale e anche se non porta con sé i suoi amati libri, continua a dialogare da lontano con gli autori che ama. Chatwin, per parlare di un altro vagabondo a noi contemporaneo, è un occidentale profondamente colto che vagando tra le culture diverse riesce a vedere con occhi diversi quella in cui è immerso.

Forse nel vagabondare si riesce a cogliere meglio quello che è uno dei segni della nostra epoca moderna: l'esperienza dello sradicamento. Quel non riuscire più a rappresentarsi semplicemente come un unità dentro a un cerchio magico, il confine, il sentimento di paura e di attrazione che lo sradicamento moderno produce, vengono percepiti distintamente quando siamo lontani dalla Casa. L' allentarsi dei legami sociali viene sperimentato volontariamente nell'esperienza della fuga solitaria. Perché bisogna toccare la propria solitudine essenziale per unirsi agli altri più saldamente. In fondo si vaga anche per cercare quella comunità con gli altri che abbiamo perduto, una comunità senza forma, senza indirizzo che appare prima di tutto nel sentimento di un'appartenenza universale. Si vaga forse anche per sentirsi fratelli del mondo.Il viaggio del vagabondo attraverso lo spazio e il tempo è metafora del movimento interiore. L'abbandonare le cose, i luoghi , le persone conosciute porta lentamente il viandante fuori dalle proprie abitudini. Ma qui è il punto importante. Ciascuno porta dentro di sé la propria casa e la cerca nei luoghi che visita senza mai poterla trovare. Il vero viaggio è interminabile ed è il mantenersi in questa incertezza, sempre perduti eppure sul punto di trovare, che rende incomparabilmente ricco d'esperienza il vagabondare.

Vagabondare è uscire dal "luogo comune" come abitudine di pensiero e anche come luogo dell'abitare consueto. E' dunque prima di tutto riconoscere che viviamo in luoghi comuni, fatti da altri per noi, sentire un'inquietudine profonda che ci spinge a uscire, a muoverci nella direzione dei nostri desideri. "Se uno avanza fiducioso nella direzione dei suoi sogni e cerca di vivere la vita che s'è immaginato, incontrerà un inatteso successo nelle ore comuni. Si lascerà qualcosa alle spalle, passerà un confine invisibile; leggi nuove, universali e più libere cominceranno a stabilirsi dentro e intorno a lui; oppure le vecchie leggi saranno estese e interpretate in suo favore in senso più ampio" (Thoreau,Walden, 399).

lunedì 19 ottobre 2009

Thoreau e i suoi conflitti di spirito.

Giovedi 22 ottobre, Leonardo Caffo (io) e Ettore Brocca parleranno di Walden, libro celebre del trascendentalista H,D. Thoreau. L'incontro si terra' presso l'universita' degli studi di milano in aula seminari del dipartimento di filosofia. ore 17.
info/sandrozucchi.blogspot.com. in questa data verranno inoltre decise le date dei prossimi incontri.

domenica 18 ottobre 2009

Gli animali non pensano. Dunque non sanno di soffrire.

di Leonardo Caffo

Tutti possono provare dolore, e per dolore, si intende “il dolore fisico”. Un pugno, un taglio o qualsiasi danno inflitto ad un organismo vivente causa generalmente un dolore che potremmo schematizzare attraverso il funzionalismo in questo modo: ad ogni input che individuiamo come un’azione o una situazione che arreca danno ad un organismo vivente corrisponde un output che causa all’organismo colpito una sensazione (a livello psicosomatico) di dolore. Esiste tuttavia un altro tipo di dolore molto più complesso causato dalla consapevolezza del provare dolore. Questo tipo di dolore è difficilmente schematizzabile attraverso un modello input/output (anche se non sono mancati tentativi a tal proposito da parte dei funzionalisti). Parafrasando il filosofo Peter Singer potremmo affermare che la consapevolezza del dolore presuppone come insita nella mente del soggetto coinvolto nello stato “del provare dolore” una certa dose di autocoscienza. Intuitivamente, saremmo tutti portati a pensare che ogni essere umano è un individuo autocosciente, ma non è facile come sembra. Riflettere sui propri stati di dolore, o più generalmente sui propri stati mentali, richiede quella che tecnicamente è definita come una teoria della mente di ordine superiore. Il dolore del “sapere di provare dolore”, ancor più del dolore cosciente (che implica il “semplice” fatto di poter provare dolore), ha contribuito ad identificare ogni essere umano come soggetto morale. Se l’uomo pensa, come tale è anche in grado di pensare al proprio pensato o al proprio dolore e questo lo identifica come un unicum all’interno della natura. Ma è davvero così? La classificazione con cui è stato delimitato il confine specista riguardante le qualità intrinseche all’essere umano non appartenenti agli altri animali è totalmente arbitraria e per di più soggetta ai problemi filosofici della vaghezza. Esistono, infatti, uomini che non possiedono una teoria della mente, mentre in natura, è stata scientificamente rintracciata la presenza di una teoria della mente (anche di ordine superiore) in alcuni animali non umani, se questo è vero, dovremmo assistere ad un processo di correzione della morale che tuteli questi animali e che escluda dai diritti morali quegli uomini che non possiedono la teoria della mente. Avere dei diritti morali è fondamentale per vivere una vita degna di essere vissuta, a tal proposito, il filosofo Tom Regan afferma che:

“ Essere titolari di diritti morali è come avere una specie di protezione che possiamo raffigurarci come un cartello invisibile con la scritta: divieto d’accesso. Cosa viene proibito da questo cartello? Due cose. Primo, gli altri non sono moralmente liberi di arrecarci danno […] Secondo, gli altri non sono liberi di interferire nelle nostre libere scelte.”[1]

Vediamo in concreto quali uomini e quali animali non umani mettono in crisi la convenzionale classificazione morale. Esiste una particolare patologia chiamata autismo descritta per la prima volta negli anni ‘40 da Leo Kanner a Baltimore e da Hans Asperger a Vienna. Gli autistici presentano concettualmente tre deficit fondamentali: sviluppano in modo anormale la loro socialità e il loro linguaggio e inoltre presentano interessi morbosamente ripetitivi. Le cause dell’autismo non sono note; da numerosi test psicologici (soprattutto grazie al Sally - Anne test) si è rilevato che i soggetti autistici non sono in grado di rappresentare gli stati mentali in quanto sprovvisti di una teoria della mente. Questa particolare mancanza li rende diversi da tutti gli altri esseri umani, ciononostante, nessuno ha mai pensato di privare dello statuto morale gli autistici solo perche probabilmente non sono in grado di riflettere sul proprio dolore. In natura esistono animali non umani che possiedono ciò che manca agli autistici, nel 2001, infatti, un esperimento condotto dagli scienziati Hare, Call e Tomasello mostra che gli scimpanzé possiedono una teoria della mente e sono in grado ad esempio di inferire quello che un altro scimpanzé sa sulla base di quello che hanno visto. La teoria della mente degli scimpanzé non è necessariamente identica a quella appartenente agli uomini ma rimane il fatto che esiste. Alcuni uomini (autistici), dunque, non possiedono una teoria della mente mentre alcuni animali (scimpanzé), la possiedono. Come tratta l’uomo queste scimmie? La risposta è triste come triste è il destino di questi animali; ad aspettarli, infatti, zoo, circhi, centri di ricerca ed altri luoghi di immonde sofferenze. Nessuno sarebbe pronto a vedere autistici dietro gabbie o al circo mentre troviamo del tutto normale osservare il dolore degli scimpanzé. Non basta riformulare il paradigma: bisogna svuotare del tutto queste gabbie!



[1] Regan 2004 p. 72

mercoledì 7 ottobre 2009

Il livello culturale sprofonda nel vuoto.

Non va bene, le lezioni, le utenze studentesche. L'Universita va a rotoli. Gli studenti della specialistica sembrano delle elementari e le nuove matricole osservano solo le loro scarpe.Cosa mi metto oggi? Bel problema direi, davvero bello. Il livello medio della cultura va schifosamente male. Non sanno cosa sia un predicato, cosa significhi vago, estensione e addirittura non sanno neanche per quale motivo sono dove sono. Non sanno nulla. Intanto i concorsi di dottorato sono vinti da topolino e pippo e i professori ne sanno quanto pluto. L'agrimensore, voglio fare l'agrimensore.

sabato 3 ottobre 2009

Gabbie vuote? Solo un commento. Quilp.

Ho appena finito di leggere 'Gabbie vuote'. Dopo averlo letto non è che abbia imparato qualcosa che già non sapessi, e credo che l'intento di regan, infatti, non fossa questo. Questo libro è meraviglioso, e lo è per svariati motivi. è un libro di filosofia che segue gli strumenti delle argomentazioni logiche, è un libro di filosofia del diritto che parte dalla questione dei diritti umani e approda a quella dei diritti animali. Distrugge e chiarfica il concetto di ARA su cui l'ignoranza è morbo assai diffuso. Sin dal prologo, passando al terribile episodio della gatta fino ad un epilogo ottimista sul futuro degli animali, Gabbie Vuote è un libro che toglie il fiato. Il problema è a chi lo toglie? credo che sia un libro comprato solo da animalisti, proprio perchè chi non lo è non riescie ad aprirlo senza pensare: ecco, la solita cazzata! Personalmente provo rabbia da studente di filosofia nel vedere una situazione così cupa proprio in quel campo che io amo: la filosofia. Credo sia necesario lavorare per estendere l'interesse su tali argomenti, per informare la gente e per incazzarsi qundo è giusto farlo. Sono felice che Regan sia a Milano, sono felice che ci sia gente come Massimo che ha scritto la meravigliosa introduzione all'edizione italiana di questo testo. Solo, spero che insieme, noi tutti, riusciremo ad "allargare la platea" affinchè quella luce che si è accesa in me grazie al corso di Sandro e al seminario, si possa accendere anche nello spirito di altri. Dalla filosofia mi aspetto le argomentazioni, e dopo aver letto Regan, se avevo ancora qualche dubbio che ci fossero, ora non ne ho più. La questione animale è questione filosofica e morale e a tutti noi spetta diffondere le nostre ragioni affinchè la sofferenza degli animali, la mia e la nostra nel vederli soffrire, possa in un futuro prossimo attenuarsi e in un futuro lontano svanire del tutto.

Grazie.

venerdì 2 ottobre 2009

Riparte il seminario, non restate indifferenti.

Mentre si parla di troioni di lusso, Messina muore di nuovo.


Messina è morta. Messina è morta di nuovo. Sciascia diceva che questa città non esisteva proprio.
Oggi, 2 ottobre 2009, morti e dispersi sono in aumento. Silvio si è salvato. La tragedia è un ottimo salvagente per parlare d'altro. Il papa: "prego per le vittime". E chi se ne fotte. Intanto il vecchio capo dell'associazione cattolica ha più di 80 anni e continua a proporre soluzioni inutili alle disgrazie della gente (?pregare?). La povera gente soffre, ha perso figli e amici a causa della natura. L'uomo ha costruito case di cemento impastate con la "rina" (sabbia), e adesso si piange in attesa di cosa? di morire ancora, ecco di cosa! In un mondo in cui si crede che sia Dio il mandante di questi segnali, sono contento che a me, che ne sono sprovvisto, non ne dovrebbe arrivare nessuno.
Chi può vada a Messina come volontario e la smetta di occuparsi di inutili cazzate: occupazione dei CSA, parlare delle puttane del re o discutere se Travaglio debba avere o meno uno stipendio. Una città e caduta, i morti sono morti e tocca a noi ricostruirla. Attenzione, tutto in silenzio: perchè il silenzio è l'unica forma di rispetto.
"...l'amore, mi sembra di tutte la cosa principale.
Penetrare il mondo, spiegarlo, disprezzarlo, può essere l'opera dei grandi filosofi. Ma a me importa solo di poter amare il mondo, non disprezzarlo, non odiare il mondo e me;a me importa solo di poter considerare il mondo, e me, e tutti gli esseri, con amore, ammirazione e rispetto"
(Hermann Hesse da "Siddharta")