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mercoledì 30 dicembre 2009

La certezza come propaganda del mondo incerto. (articolo che uscirà su: Ateo UAAR n2 2010 tema: catastrofi)

“Nulla è certo a parte le tasse” (Franklin).
Questo celebre aforisma è spesso chiamato “Legge di Franklin”, certo, non si può parlare di legge nel senso scientifico o matematico del termine ma lo è in un senso più trasversale, lo è perché è vera. Nonostante la grande verità racchiusa in questa breve proposizione accade però, nel mondo, qualcosa di sorprendente. Astrologia, religione, tarocchi, sono tutte manifestazioni di una volontà speranzosa dell’uomo che una certezza, nel senso trascendentale di questa parola, esista e sia in qualche modo tangibile attraverso alcune manifestazioni mistiche o sociali (la meteorologia è quello che potremmo definire come un caso borderline). Gerd Gingerenzer , scienziato cognitivo del Max Planck Institute di Berlino, rintraccia la causa di queste manifestazioni irrazionali in quella che potremmo definire la patologia dell’ “analfabetismo numerico”. In cosa consiste questa patologia? Potremmo affidare la risposta ad una simpatica bambolina di nome Barbie: “La matematica è difficile, andiamo per negozi”. I dati che ci vengono forniti dai media per valutare le reali probabilità che un evento accada sono spesso inutilizzabili (basti pensare ai sondaggi di cui si vanta il nostro premier), ad esempio ci viene fornita la percentuale riguardante un evento singolo, il che è assolutamente privo di senso visto che la frequenza di un dato evento “e” si ricava sulla base della ripetitività e va inquadrata entro una classe di riferimento ben specifica. Ma anche quando i dati ci vengono correttamente forniti siamo noi stessi a non avere assolutamente idea di cosa significhi ricavarne una percentuale corretta. Questo problema, che potrebbe sembrare ai più utile solo a scienziati e matematici, riguarda invece qualsiasi essere sociale per il solo fatto di essere inserito all’interno della più grande delle categorie politiche: lo stato. In quanto cittadini siamo imbottiti di percentuali che riguardano, ad esempio, la sanità (percentuali tumorali nei fumatori), la politica (consenso al governo), la religione (numero dei credenti), ecc… Come riuscire a muoversi in tutto questo movimento di numeri se non si è in grado di leggerli? La scienza (compresa la statistica) viene spesso identificata come mera “technè” e le viene negata completamente la dignità di cultura, questo è gravissimo non soltanto perché i non addetti ai lavori si formano una idea distorta di essa, ma anche perché, queste stesse persone, rinunciano di fatto ad avere gli strumenti per comprendere il contesto in cui sono inseriti. Cercare di contrastare l’irrazionalità (così come facciamo noi dell’UAAR) in un mondo in cui è stato creato un business della certezza è veramente un lavoro complesso; trasmettere l’idea che bisogna imparare a vivere con l’incertezza sembrerebbe impossibile. Chi di noi vorrebbe sentirsi dire da un medico come risposta alle proprie perplessità: non lo so!? Qualsiasi cosa accada, qualsiasi cosa i dati statistici ci trasmettano, noi vogliamo solo avere la serenità che tutto andrà bene, che tutto sia certo. Vogliamo sapere se domani pioverà e se l’anno prossimo finirà la crisi senza che mai ci sia dato modo di dubitare (quel dubbio che Richard Feymann definiva, peraltro, l’inizio della conoscenza). Come non vedere in tutto questo la causa delle superstizioni religiose e dell’antipatia nei confronti della matematica? Proprio quella matematica che se studiata correttamente, ci darebbe elementi necessari, per calcolare realmente se un dato evento ha effettive possibilità di ripetersi o accadere. Come è possibile che gli stessi dati interpretati da persone diverse possano generare così differenti interpretazioni? La risposta ormai è semplice: perché quelle persone, non solo agiscono da profani della matematica, ma anche perché agiscono come imprenditore di quel business della certezza di cui abbiamo già parlato. Trasmettere un’immagine positiva della scienza sarebbe il minimo che possa fare una società che pretenda di essere definita come tale, non perché la scienza sia una chimera in grado di risolvere tutti i problemi dell’uomo (come propongono dei “falsi amici” fanatici) ma perché una corretta cultura matematica e scientifica darebbe all’uomo la strumentazione adeguata per guardare il mondo, non come un misterioso miracolo di una mente invisibile e infinita, ma come un sistema razionale di cause e fenomeni che, se correttamente osservati, possono anche risultare statisticamente prevedibili e controllabili.

Leonardo Caffo

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