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martedì 29 dicembre 2009

Un genio a tre vite.


RICHARD MONTAGUE

Il filosofo e logico americano Richard Montague (1930 - 1971), anche se non un linguista di professione, esercitò una grande influenza in semantica negli anni 70 e 80, soprattutto grazie ai suoi contributi allo sviluppo della semantica delle lingue naturali. Parlare una lingua, secondo Montagne, vuol dire esercitare una competenza che si estrinseca non soltanto nel riconoscere o nel produrre espressioni grammaticalmente corrette, ma anche nel valutare se tra due espressioni sussista una relazione di implicazione e quale sia la relazione tra le espressioni linguistiche e gli stati di cose. È esattamente in questo che consiste la “competenza semantica”: alla luce del fatto che spetta alla logica (che è una branca della matematica) studiare le relazioni di implicazione tra le proposizioni, ad essa spetterà anche studiare in termini meramente formali (sulle orme di Carnap) la competenza semantica, proprio come la sintassi generativa di Chomski studia la competenza sintattica. Montague fu uno dei primi a esplorare sistematicamente le possibilità di un’analisi formale completamente rigorosa sia della sintassi che della semantica dei linguaggi naturali sulla linea della logica. Il modello da lui creato, a cui ci si riferisce comunemente come grammatica di Montague, ha stabilito uno standard sia per copertura empirica sia per livello di formalizzazione, rispetto al quale analisi e strutture alternative si giudicano. Il termine grammatica di Montague è usato comunemente per riferirsi specificamente alla proposta che Montague diede nel suo articolo seminariale The Proper Treatment of Quantification in Ordinary English (1970, pubblicato nel 1973). Stricto sensu, questo è fuorviante, dato che Montague scrisse un’intera serie di articoli sull’applicazione della logica nell’analisi dei linguaggi naturali, che si differenziano per impostazione e per dettagli. Comunque, il nocciolo comune delle analisi proposte nei vari articoli è sufficiente a giustificare il termine Grammatica di Montague tout-court.

Il lavoro di Montague costituisce una rottura decisiva dalla visione tradizionale secondo cui i linguaggi naturali sono troppo vaghi e asistematici per essere trattati formalmente, nello stesso modo in cui sono trattati i linguaggi formali della logica e della matematica. Questa posizione, che nella storia della filosofia contemporanea risale almeno a Russell, Frege e Tarski, fu predominante nella filosofia della logica fino agli anni 70, anche se ci furono notabili eccezioni. Una di queste fu Hans Reichenbach che nel 1947 aveva già dedicato una buona parte del suo Elementi di logica simbolica all’analisi logica delle costruzioni del linguaggio naturale. Una teoria rigorosamente formale della sintassi di un linguaggio è un prerequisito per una qualunque sua semantica formale, e l’apparente impossibilità di una teoria della sintassi del genere per i linguaggi naturali fu una delle ragioni per cui Tarski, padre fondatore della semantica modellistica in logica, pensava che i suoi metodi semantici non potessero mai applicarsi a tali linguaggi. Dal rapido svilupparsi della linguistica generativa negli anni 60 e nei primi 70, uomini come Montague, Donald Davidson, David Lewis e altri acquisirono fiducia nel fatto che una teoria formale della sintassi del linguaggio naturale non era solo un’utopia, e che, pertanto, una semantica formale poteva essere possibile. Sebbene il lavoro nella linguistica generativa costituisse un importante input per lo sviluppo di una semantica modellistica per i linguaggi naturali, questo non significa che questa impresa fosse accolta con entusiasmo nei circoli della linguistica generativa. Al contrario, mentre persone come Montague e Davidson erano dell’opinione che non solo la sintassi, ma anche la semantica dei linguaggi naturali potesse essere studiata in modo preciso e formale, quest’idea rimase lontana dal comune tra i linguisti generativi. Lo stesso lavoro di Montague fa parte dello sviluppo che include il lavoro di Davidson, Lewis, Cresswell e molti altri. Le sue caratteristiche, che lo distinguono dai lavori di altri, sono, prima di tutto, la generalità e il rigore con i quali Montague conduce le sue analisi; secondo, l’ampio uso di qualunque artificio logico ritenga necessario; e terzo, il modo in cui ha combinato sintassi e semantica.

Partendo dalla prima caratteristica, nel suo articolo Universal Grammar (1969, pubblicato nel 1970), Montague sviluppa una teoria generale di sintassi, semantica e pragmatica sia per i linguaggi formali che per i linguaggi naturali, nella quale la grande generalità è complementare all’apparato formale usato per le specifiche analisi. Sebbene la pragmatica nel senso di Montague sia un’area ristretta, che coincide grosso modo con la semantica degli indessicali e delle espressioni dipendenti dal contesto, come i pronomi, questa teoria generale potrebbe essere chiamata a ragione una semiotica logica. Tra i suoi esempi, vi sono vari modelli concreti che Montague trasse in articoli diversi. La generalità e il rigore del modello della Grammatica Universale rendono la visione di Montague su sintassi, semantica, pragmatica e loro relazioni, esplicita e perspicua, ancora difficile da superare.

La seconda caratteristica del lavoro di Montague è che nel descrivere il comportamento semantico delle espressioni e delle costruzioni dei linguaggi naturali, Montague non è preoccupato da nessuna restrizione a priori sul tipo di attrezzo logico da usare. Così fa ampio uso della logica intensionale e della Teoria dei Tipi senza essere preoccupato dai problemi filosofici e metodologici che secondo alcuni circondano l’uso di questi attrezzi. Questo aspetto distingue Montague per esempio dal suo contemporaneo Davidson, per il quale l’uso della logica intensionale costituisce una stravaganza che deve essere rifiutata sul piano filosofico. Sottoscrivendo gli scrupoli di Quine sulle entità intensionali, Davidson pensa che le semantiche del linguaggio naturale dovrebbero essere descritte in termini di logica estensionale del primo ordine, ed egli scarta così gli altri tentativi: “C’è perfino pericolo che gli ignoranti e gli esperti uniscano le forze; i primi, sentendo farfugliamenti di parole possibili, mondi possibili, ecc.,”. Nonostante molti semanticisti abbiano seguito Montague nell’avvalersi di qualunque strumento abbiano bisogno, questo uso libero di strumenti potenti divenne equilibrato durante gli anni 80 grazie all’interesse nel potere espressivo semantico del linguaggio naturale, per esempio, nella ricerca sulla questione di quale parte dell’apparato logico che le persone usano sia in realtà necessario nella descrizione del linguaggio naturale. In particolare, nel contesto di una teoria generale dei quantificatori, della quale l’analisi di Montague delle espressioni quantificate The Proper Treatment of Quantification in Ordinary English forma uno dei punti di partenza, ha portato a interessanti intuizioni sulle differenze tra linguaggi naturali e formali.

La terza caratteristica del lavoro di Montague, e della tradizione che l’ha seguito, è il modo in cui sintassi e semantica sono combinate insieme. Il nocciolo della visione di Montague su questa questione sta nel principio di composizionalità del significato. Questo principio può essere parafrasato più o meno così: il significato di un enunciato dipende dai significati delle sue parti. È chiamato anche principio di Frege, in virtù della sua somiglianza con il principio di composizionalità delle estensioni che sta alla base della soluzione di Frege al problema dei giudizi multi-quantificati, ma se questa attribuzione sia storicamente corretta è materia di dibattito. L’interpretazione corrente dello status del principio di composizionalità è quella di un principio metodologico, più che di un’ipotesi empirica. Un resoconto composizionale di un certo tipo di espressione riguarda un’analisi sintattica e semantica: egli prima determina cosa conta, come parti dell’espressione, poi stabilisce quali sono i significati corrispondenti.

Il linguaggio naturale è solo uno degli argomenti a cui Montague ha lavorato. La parte principale del suo lavoro è in teoria dei modelli e logica. Ha scritto anche articoli sull’analisi filosofica, che assieme ai suoi articoli sul linguaggio naturale e sulla logica modale costituiscono la sua opera.
(A cura di Matteo Casu)

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