mercoledì 23 giugno 2010
Orgoglioso di questa intervista, davvero.
Nell'albergo di Adamo. Su Mangialibri, appena sfornato!
mercoledì 16 giugno 2010
Libertà, questa sconosciuta.
lunedì 14 giugno 2010
Pensieri, a Catania
martedì 8 giugno 2010
C'era una volta l'informazione. Forse si, oggi sicuro no.
lunedì 7 giugno 2010
The Brain Functional Networks Associated to Human and Animal Suffering Differ among Omnivores, Vegetarians and Vegans
PloS ONE per l'articolo completo. Clicca qui
Introduction
Social cognition includes mental processes necessary to understand and store information about the self and other persons, as well as interpersonal norms and procedures to navigate efficiently in the social world [1]. Basic abilities underlying social cognition include the perception and evaluation of social stimuli, the integration of perceptions with contextual knowledge, and finally the representation of possible responses to the situation. One of the hallmarks of social cognition in humans is the ability to understand conspecifics as beings like oneself, with intentional and mental lives like one's own [2]. Accordingly, human beings tend to identify with conspecifics and attribute mental states to them. Such abilities rely on the activity of several brain regions, including the frontal lobes (orbitofrontal cortex, medial prefrontal cortex, and cingulate cortex), the temporal lobes (including the amygdala), the fusiform gyrus, and the somatosensory cortices[3], [4], [5]. The majority of these regions is also critically involved in the processing of emotions [6]. This suggests that the merging between emotions and feelings experienced by oneself and those perceived in other individuals may be a key ingredient of social understanding, and it may play a major role in promoting empathy, prosocial behaviours, and moral norms [1], [3]. Moreover, empathic responses can be modulated by the subjective attitude held toward suffering individuals [7], as well as by personal experience [8]. Several functional magnetic resonance imaging (fMRI) studies showed that observing the emotional state of another individual activates a neuronal network involved in processing the same state in oneself, whether it is pain, disgust, or touch[3], [4], [5]. Empathy toward another person, which can be defined as the ability to share the other person's feeling in an embodied manner, has been related to recruitment of a network mostly including the somatosensory and insular cortices, limbic regions and the anterior cingulate cortex (ACC). Whereas cognitively inferring about the state of other person (known as theory of mind) has been associated with recruitment of medial prefrontal regions, the superior temporal sulcus and the temporo-parietal junction[4].
A few investigations have also assessed whether affective links between people modulate their brain empathic responses to others, such as when these are loved ones or strangers[9], or when they are believed to be fair or unfair persons [7], [9]. The majority of previous studies attempting to characterize empathy-related responses did not separate empathy towards humans from that towards animals. Furthermore, in some studies, scenes showing animals were treated as a neutral condition. However, a recent study [10] that compared stimuli depicting human and non human animal targets demonstrated higher subjective empathy as the stimuli became closer in phylogenetic relatedness to humans (mammalianvs. bird stimuli), thus indicating that empathic response towards humans may generalize to other species.
In this study, we postulated that the neural representation of conditions of abuse and suffering might be different among subjects who made different feeding choice due to ethical reasons, and thus result in the engagement of different components of the brain networks associated with empathy and social cognition. In details, we tested the hypothesis that the neural processes underlying empathy in vegetarians and vegans may not only operate for representations about humans but also animals, and thus vary between them and omnivore subjects. Vegetarians and vegans, who decided to avoid the use of animal products for ethical reasons, have a moral philosophy of life based on a set of basic values and attitudes toward life, nature, and society, that extends well beyond food choice. The earliest records of vegetarianism as a concept and practice among a significant number of people was closely connected with the idea of nonviolence towards animals and was promoted by religious groups and philosophers. The term veganism, which was coined from vegetarianism, acknowledges the intrinsic legitimacy of all sentient life and rejects any hierarchy of acceptable suffering among creatures. Veganism is a lifestyle that seeks to exclude the use of animals for food, clothing, or any other purpose [11]. The central ethical question related to veganism is whether it is right for humans to use and kill animals. Due to these differences of believes and behaviours, we also hypothesized that, in addition to a common shared pattern of cortical processing of human and animal suffering, vegetarians and vegans might also have functional architecture differences reflecting their different motivational factors and believes.
domenica 6 giugno 2010
Ah, il martini.
venerdì 4 giugno 2010
Il moralista provvisorio
giovedì 3 giugno 2010
Torrent Animalisti
mercoledì 2 giugno 2010
Ripropongo qui. Da "Fili di Paglia"
Donne dei gatti "Fili di paglia"
"La gattara è, era, una figura del limite, che si muoveva ai bordi della civiltà, nelle nicchie, negli angoli rimasti un po' selvaggi,
dove vive l'antico popolo dei gatti di Italo Calvino.
I gatti e la gattara stessa possono essere interpretati come il selvatico residualeche sopravvive nelle città, personaggi un po' di frontiera.
Una selvaticità che negli ultimi anni è in corso di domesticazione".
Nascosto nel post precedente come un gatto infrattato, c'è un link ad un bel saggetto di Anna Mannucci dal curioso titolo di La donna dei gatti : dalla gattara anomica alla tutor della legge 281 [*]. Lo riposto qui, consigliandone caldamente la lettura alle/agli amanti dei gatti: son solo 19 pagine, figure incluse.
...
...
Ok, ok, vi faccio un riassuntino :)
§ § §
C'era una volta il randagismo.
E c'era una volta anche la lotta al randagismo -rivolta principalmente ai cani- che consisteva nell'accalappiare gli animali, portarli al canile, attendere tre giorni e poi sopprimerli, gasandoli.
Questo è quanto avveniva in Italia, sino al 1991.
Nel 1991, in materia di "animali di affezione e prevenzione del randagismo" arriva la legge 281, che muta radicalmente la prospettiva: è vietato sopprimere i cani rinvenuti vaganti, è vietato maltrattare i gatti che vivono in libertà, il nuovo metodo per controllare le loro popolazioni non è più la soppressione bensì la limitazione delle nascite.
Una legge di civiltà che a volte gli animalisti -mutatis mutandis- paragonano alle grandi leggi di riforma degli anni '70 (statuto dei lavoratori, diritto di famiglia, sanità) ed in particolare alla legge Basaglia sulla chiusura dei manicomi: "problemi" non più occultati e rimossi, ma "accolti" nella società. Poi uno legge di medici invitati alla delazione e questa della società accogliente sembra una fiaba scritta due bilioni di anni fa (ma non divaghiamo).
"Seguendo le gattare nei loro giri
si vedono sempre i gatti che le aspettano
nel posto e nell'ora giusta"
La si nomina al femminile perché -praticamente sempre- è donna. Sino ad una ventina di anni fa dare della "gattara" ad una donna era un insulto bello e buono: lo stereotipo la voleva infatti "vecchia, brutta, zitella, sola, povera, emarginata, di cattivo carattere e scarsa pulizia". E forse un po' strega.
Creta
"I gatti chiamano, anche senza miagolare, e la gattara va,
con i suoi piattini di cibo,
che qualcuno potrebbe interpretare come offerte propiziatorie.
Non rispondere a quel richiamo per lei è impossibile."
California
Con la legge 281 il gatto "randagio" italiano diventa gatto "libero".
La 281 ha alcune lacune: non specifica a chi competa la cattura dei gatti, chi li debba portare in ambulatorio per la sterilizzazione, chi ne curi la degenza post-operatoria. Ma, di fatto, la cattura non traumatica dei mici può avvenire soltanto con la collaborazione dell'unica persona in grado di avvicinare le colonie dei liberi felini: la gattara. Un riconoscimento di ruolo sociale che l'ha lentamente riscattata dall'emarginazione.
La gattara selvaggia è perciò andata addomesticandosi, sino ad evolvere in gattara istituzionalizzata. Ora è infatti la "responsabile di colonia felina", in qualche caso munita di patentino comunale, che si rapporta con istituzioni, veterinari, Asl e che -all'occorrenza- sa maneggiare leggi, ricorsi e petizioni: un'intensa attività sociale.
Non più conflitto, ma negoziazione: "la gattara ora ha la legge dalla sua e lo sa. La 281 è citata ripetutamente, come un litania, come un mantra".
Il termine "gattara" ha oggi perso ogni accezione negativa: dall'impotenza di un tempo si è passati all'orgoglio gattaro.
Nel 1995 i veterinari veneziani hanno ufficialmente definito il gatto come "arredo urbano", e la gattara come "tutor".
A Roma è in vigore il decalogo comunale dell'ecogattara: una serie di"regole che vogliono mettere ordine ad un'attività di base assolutamente irrazionale, un tentativo di governare le passioni".
"Antigone, insomma, è diventata una funzionaria statale".
La situazione dei gatti, complessivamente, è ormai molto migliorata.
La signora I.A., milanese, settantenne, combattiva ex-gattara, ha perciò deciso di diventare piccionara :-)
§ § §
[*] Il saggio è comparso su La ricerca folklorica n. 48, ottobre 2003, ed èonline grazie a Sandro Zucchi, docente alla Statale di Milano responsabile del "Seminario permanente su etica e animalismo" e di Quilp, il blog del seminario.
Le citazioni dal saggio sono in corsivo.
Foto da Flickr (5 credits su 6 nelle dida, autore della gattara californiana cercasi).